a pLASTIC tEA pARTY
A pLASTIC
tEA pARTY è un progetto di esplorazione di culture e modalità recreative. È
pensato come un esperimento sociale di ozio, un rituale di incontro durante il quale
non si possa fare altro che condividere il proprio tempo.
L’idea nasce da una pratica di presenza e inazione che chiamo ‘l’ora di noia’, tempo dedicato all’essere presenti, al far nulla, secondo il principio che oziare, senza faccende, né intrattenimento o distrazioni, abbia un valore in sè. Il desiderio di condividere ore di noia con altri ha dato vita al progetto a pLASTIC tEA pARTY.
Il paradigma estetico del progetto è nato all’interno di un lavoro di ricerca su oggetti domestici del quotidiano, nello specifico, delle teiere e dei tappeti di plastica che ho incontrato per la prima volta in Ghana, ad una cena Fulani (gruppo nomade del Sahel).
Questi oggetti, familiari ed estranei al tempo stesso, hano suscitato una riflessione sui significati che possono coesistere in una forma pur essenzialmente funzionale. La forma comune della teiera, per esempio, è usata in una varietà di momenti e pratiche sociali e culturali: per servire il tè, in modo conviviale oppure cerimoniale, per trasportare acqua potabile, in luoghi in cui non fosse facilmente disponibile, per lavarsi le mani prima di un pasto, per esempio ad una cena Fulani, o per abluzioni rituali che precedono la preghiera, laddove non esistano infrastrutture idrauliche adatte.
Questa plasticità funzionale, e per estensione simbolica, è sottolineata intenzionalmente dalla plasticità materiale degli oggetti di a pLASTIC tEA pARTY, che lo rendono un momento di gioco, quindi, con una delle attività più essenzialmente umane: l’attribuzione di significati agli oggetti in quanto intermediari di momenti — storici o vissuti, speciali o quotidiani, passati, futuri, goduti, sofferti, sperati, temuti.
a pLASTIC tEA pARTY for Club Plastic
Quando sono stata invitata da Andrea Ratti ad ospitare un’iterazione di a pLASTIC tEA pARTY al Club Plastic, ho subito accettato con entusiasmo per poi immediatamente disperare di poter riconciliare l’ozio consapevole dell’uno e l’energia e la vitalità dell’altro in modo soddisfacente. Finalmente ho realizzato che entrambi rappresentano rituali di aggregazione, ricreazione, e tempo distinto dal quotidiano da una precisa attenzione ed esperienza del presente, come pregnante in se stesso. La loro contrapposizione è un ossimoro poetico.
Il primo pLASTIC tEA pARTY, che si è tenuto lo scorso inverno a The Boxing Gallery, aveva un legame concettuale con i tableaux-pièges di Daniel Spoerri e la sua TopografiaAneddotata del Caso — opere in cui l’artista cerca di immortalare il tempo in degli oggetti. Questa iterazione, invece, riflettendo sulle intuizioni che possono emergere da apparenti contraddizioni, rimanda aWelcoming the Flowers, una poesia di John Giorno forse più nota come la serie di versi serigrafati Perfect Flowers.
La visione del mondo fondamentalmente buddista di questa poesia si sposa alla natura contemplativa dell’ora di noia; la sua sensibilità pop, sfacciata, romantica e sensuale, invece, evoca l’energia di una nottata al club. La coesistenza di questa due anime è un tratto caratteristico del vissuto di Giorno, e la sua arte è un distillato della saggezza che lui ha saputo trarne.
Grazie ad un fil rouge di plastica, il riferimento a John Giorno diviene anche cenno storico agli spettacoli multimediali Exploding Plastic Inevitable (EPI) di Andy Warhol, durante i quali venivano proiettai, come sfondo, i suoi film sperimentali, tra cui Sleep– sei ore e mezzo di registrazioni di John Giorno (a quel punto suo ex amante), che dorme.
Nello spirito di dialogo multimediale e tra registri di EPI, per questo tea party è stato commissionato un poster dipinto a mano all’artista ghanese Heavy Jay. Il suo lavoro appartiene a una tradizione ghanese di arte commerciale incentrata sulla produzione di insegne e cartelloni promozionali — un genere nato negli anni ‘70 in un contesto in cui la cultura del consumo si stava diffondendo più rapidamente di quanto il settore pubblicitario non riuscisse a meccanizarsi.
Questo genere e la sua interazione col paesaggio urbano hanno influenzato significativamente correnti del modernismo ghanese, tra cui per esempio il lavoro di Atta Kwame, e la svolta contemporanea, di critica istituzionale e anti-coloniale iniziata da karî'kachä seid’ou, artista oggi a capo di una delle più rinomate facoltà di belle arti sul continente africano, che iniziò la sua carriera come artista commerciale di strada.
Questi sviluppi trovano un curioso, purché asimmetrico parallelo nella Pop art, anch’essa influenzata dalla cultura consumistica ma ispirata piuttosto all’automazione e standardizzazione del linguaggio pubblicitario che non alle sue forme artigianali.
Un pò come nella forma comune ‘teiera’, quindi, dentro a pLASTIC tEA pARTY for club Plastic convivono una moltitudine di idee e riferimenti provenienti da diversi luoghi, storie, filosofie e pratiche artistiche. Questa polifonia intende sollevare, tuttavia, una sola domanda: qual è la relazione tra significato, tempo e oggetti.
L’idea nasce da una pratica di presenza e inazione che chiamo ‘l’ora di noia’, tempo dedicato all’essere presenti, al far nulla, secondo il principio che oziare, senza faccende, né intrattenimento o distrazioni, abbia un valore in sè. Il desiderio di condividere ore di noia con altri ha dato vita al progetto a pLASTIC tEA pARTY.
Il paradigma estetico del progetto è nato all’interno di un lavoro di ricerca su oggetti domestici del quotidiano, nello specifico, delle teiere e dei tappeti di plastica che ho incontrato per la prima volta in Ghana, ad una cena Fulani (gruppo nomade del Sahel).
Questi oggetti, familiari ed estranei al tempo stesso, hano suscitato una riflessione sui significati che possono coesistere in una forma pur essenzialmente funzionale. La forma comune della teiera, per esempio, è usata in una varietà di momenti e pratiche sociali e culturali: per servire il tè, in modo conviviale oppure cerimoniale, per trasportare acqua potabile, in luoghi in cui non fosse facilmente disponibile, per lavarsi le mani prima di un pasto, per esempio ad una cena Fulani, o per abluzioni rituali che precedono la preghiera, laddove non esistano infrastrutture idrauliche adatte.
Questa plasticità funzionale, e per estensione simbolica, è sottolineata intenzionalmente dalla plasticità materiale degli oggetti di a pLASTIC tEA pARTY, che lo rendono un momento di gioco, quindi, con una delle attività più essenzialmente umane: l’attribuzione di significati agli oggetti in quanto intermediari di momenti — storici o vissuti, speciali o quotidiani, passati, futuri, goduti, sofferti, sperati, temuti.
a pLASTIC tEA pARTY for Club Plastic
Quando sono stata invitata da Andrea Ratti ad ospitare un’iterazione di a pLASTIC tEA pARTY al Club Plastic, ho subito accettato con entusiasmo per poi immediatamente disperare di poter riconciliare l’ozio consapevole dell’uno e l’energia e la vitalità dell’altro in modo soddisfacente. Finalmente ho realizzato che entrambi rappresentano rituali di aggregazione, ricreazione, e tempo distinto dal quotidiano da una precisa attenzione ed esperienza del presente, come pregnante in se stesso. La loro contrapposizione è un ossimoro poetico.
Il primo pLASTIC tEA pARTY, che si è tenuto lo scorso inverno a The Boxing Gallery, aveva un legame concettuale con i tableaux-pièges di Daniel Spoerri e la sua TopografiaAneddotata del Caso — opere in cui l’artista cerca di immortalare il tempo in degli oggetti. Questa iterazione, invece, riflettendo sulle intuizioni che possono emergere da apparenti contraddizioni, rimanda aWelcoming the Flowers, una poesia di John Giorno forse più nota come la serie di versi serigrafati Perfect Flowers.
La visione del mondo fondamentalmente buddista di questa poesia si sposa alla natura contemplativa dell’ora di noia; la sua sensibilità pop, sfacciata, romantica e sensuale, invece, evoca l’energia di una nottata al club. La coesistenza di questa due anime è un tratto caratteristico del vissuto di Giorno, e la sua arte è un distillato della saggezza che lui ha saputo trarne.
Grazie ad un fil rouge di plastica, il riferimento a John Giorno diviene anche cenno storico agli spettacoli multimediali Exploding Plastic Inevitable (EPI) di Andy Warhol, durante i quali venivano proiettai, come sfondo, i suoi film sperimentali, tra cui Sleep– sei ore e mezzo di registrazioni di John Giorno (a quel punto suo ex amante), che dorme.
Nello spirito di dialogo multimediale e tra registri di EPI, per questo tea party è stato commissionato un poster dipinto a mano all’artista ghanese Heavy Jay. Il suo lavoro appartiene a una tradizione ghanese di arte commerciale incentrata sulla produzione di insegne e cartelloni promozionali — un genere nato negli anni ‘70 in un contesto in cui la cultura del consumo si stava diffondendo più rapidamente di quanto il settore pubblicitario non riuscisse a meccanizarsi.
Questo genere e la sua interazione col paesaggio urbano hanno influenzato significativamente correnti del modernismo ghanese, tra cui per esempio il lavoro di Atta Kwame, e la svolta contemporanea, di critica istituzionale e anti-coloniale iniziata da karî'kachä seid’ou, artista oggi a capo di una delle più rinomate facoltà di belle arti sul continente africano, che iniziò la sua carriera come artista commerciale di strada.
Questi sviluppi trovano un curioso, purché asimmetrico parallelo nella Pop art, anch’essa influenzata dalla cultura consumistica ma ispirata piuttosto all’automazione e standardizzazione del linguaggio pubblicitario che non alle sue forme artigianali.
Un pò come nella forma comune ‘teiera’, quindi, dentro a pLASTIC tEA pARTY for club Plastic convivono una moltitudine di idee e riferimenti provenienti da diversi luoghi, storie, filosofie e pratiche artistiche. Questa polifonia intende sollevare, tuttavia, una sola domanda: qual è la relazione tra significato, tempo e oggetti.